GIUSEPPE
CALDERONE (1818-1898), sacerdote.
MADRE
VINCENZA RANDAZZO (Superiora del Collegio di Maria)
DOMENICO
TRENTACOSTE (scultore)
FRANCESCO
GRASSO (1823-1883),
decoratore.
DOMENICO
TRIPOLI (1856-1939), artigiano.
GIOACCHINO
ARNONE (1876-1958), medico
PIRAINO
GIUSEPPE (1887-1970),
poeta dialettale.
NATALE
RAINERI (1894-1974),
parroco.
GAETANO
FORESTA (Letterato)
ANDREA
PATTI (Patriota)
GIUSEPPE CALDERONE (1818-1898), sacerdote.
Molto poco sappiamo del periodo giovanile
di Padre Calderone: del suo impegno nella Parrocchia e della sua
ordinazione. Proviene da una famiglia benestante, da sacerdote, per
alcuni anni fu segretario comunale e consigliere provinciale. Ma di lui
ricordiamo soprattutto la dedizione alla chiesa e l'impegno nella
ricerca delle vicende storiche di Marineo e dintorni. E' così che in
questa sede lo presentiamo perché è questo quello che di lui
maggiormente ci interessa.
In genere la giornata di Padre Calderone iniziava con l'espletare le
funzioni religiose e continuava col girovagare in groppa al suo asino
alla ricerca di indizi che gli potevano permettere di comporre il
mosaico storico del territorio attorno a Marineo.
La pazienza e la perseveranza hanno consentito a Padre Calderone di
comporre l'opera "Antichità Siciliane". Anche se alcune delle sue
ipotesi oggi non sono condivise dagli studiosi, non si può negare che,
gli studi di Padre Calderone, hanno portato un grosso contributo per
conoscere Marineo e il territorio circostante. Ancora oggi è una fonte
di notizie storiche e uno strumento da consultare.
E' per merito di Padre Calderone che oggi possiamo ammirare, nella
Pinacoteca di Palazzo Abatellis di Palermo, parte degli affreschi di
Tommaso De Vigilia realizzati nella cappella di Risalaimi, fu lui, nel
1881, a segnalarli alla Soprintendenza di Palermo che si occupò del loro
recupero.
MADRE VINCENZA RANDAZZO (Superiora del Collegio
di Maria)
Nacque a Marineo il 18 marzo 1901 dai genitori (cristiani praticanti)
Nicoletta e Cosimo che favorirono la sua vocazione. Conseguì il diploma
magistrale nel 1922 a Termini Imerese presso l’Istituto della S.Famiglia
e il diploma di insegnante di Scuola Preparatoria nel 1927 nell’Istituto
De Cosmi di Palermo, Entrò nell’Ordine delle Collegine del Collegio di
Maria di Marineo nel 1924. All’inizio della sua professione religiosa,
era sua intenzione andare in missione, ma le fu consigliato, dal suo
confessore, di diventare una valente missionaria nel suo paese, ed è a
questo che ha dedicato tutta la sua esistenza. Oltre che nella vita
religiosa, fu molto attiva anche nelle opere sociali e soprattutto nel
favorire le attività giovanili.
Nei primi decenni del novecento il Collegio di Maria di Marineo non
navigava in buone acque. Molto carenti erano i locali, lo stato
economico e i servizi sociali che le suore, quasi tutte anziane,
offrivano. Madre Vincenza per prima si impadronì delle direttive del
fondatore dell’ordine e poi, nel 1940 quando divenne superiora, con la
sua forte volontà di fare, diede avvio ad un totale rinnovamento della
vita del collegio e dei fabbricati. Poiché la su aspirazione, oltre a
quella religiosa, era quella di dedicarsi alla formazione della
gioventù, per prima cosa pensò a ripristinare le aule scolastiche in
modo da essere sempre presente tra i ragazzi ai quali dedicava buona
parte della sua giornata. Fondò una efficiente Scuola Materna, la Scuola
Elementare e l’Orfanotrofio per accogliere i ragazzi più disagiati. Nei
giorni festivi si dedicava all’insegnamento del catechismo. Incrementò
le associazioni cattoliche per i quali era sua intenzione costruire il
palazzo delle opere cattoliche dando avvio alla costruzione del
fabbricato che fu bloccato con il suo trasferimento a Carini. Il
fabbricato negli anni successivi fu completato, ma non per il palazzo
delle opere cattoliche, ma per altri fini. Aprì le porte del collegio
anche alle giovani che avevano concluso l’obbligo scolastico (cosa non
facile per quel periodo) organizzando laboratori per imparare un
mestiere, come il taglio e il cucito. Si interessò anche per le
vocazioni religiose tanto che, durante il suo periodo di gestione, il
collegio di Marineo, ebbe un forte incremento di collegine.
Per realizzare tutte queste attività, occorrevano idee chiare e precise
e una assidua perseveranza nel recuperare i fondi necessari, per
ottenere i quali si recava spesso nei vari uffici del capoluogo a
sbrigare le pratiche necessarie. Riuscì nel suo intento anche perché
credeva veramente nella sua missione spirituale e sociale. Era una
persona unica fornita di qualità al di fuori del normale e riusciva ad
intuire con chiarezza i problemi sociali e delle famiglie. Dal suo
diario si intuisce che seppe valorizzare la sofferenza che sperimentò di
persona fin dalla sua infanzia: a causa di una caduta, all’età di nove
anni fu costretta a portare il busto e scarpe ortopediche aiutandosi
anche con il bastone.
Nell’ottobre del 1965, nonostante le su precarie condizioni di salute,
fu inviata nel Collegio di Maria di Carini in qualità di superiora, dove
i suoi malanni si aggravarono notevolmente portandola alla morte il 15
marzo 1968. Per i suoi meriti, nel 1993, il Consiglio Comunale di
Marineo, ha deliberato di intestare a Madre V.Randazzo, una via del
paese.
DOMENICO TRENTACOSTE (scultore)
Nato a Palermo, da genitori marinesi (la madre Lo Cascio Giovanna
casalinga e il padre Salvatore di mestiere fabbro), che si erano
trasferiti nel capoluogo subito dopo sposati.
Incerte sono le notizie sull'anno di nascita come incerte sono anche
quelle sull'anno di morte (1856-1953, 1859-1932, 1859-1933, etc).
Anche se la sua residenza abituale era nella città di Palermo, gli
elementi rappresentati nelle sue opere risentono di quelli dell'ambiente
paesano e contadino di Marineo che egli conosceva abbastanza bene per le
visite che di frequente, soprattutto in gioventù, faceva ai nonni.
Fin da giovanissimo rivelò la passione per la scultura che coltivò con
interesse formandosi nell'ambito del verismo europeo pur non
dimenticando del tutto le forme neoclassiche precedenti insegnate e
imposte dall'accademismo.
Le prime esperienze sulla tecnica scultorea le acquisì a Palermo all'età
di sette anni nel laboratorio di Benedetto De Lisi il vecchio e a dodici
anni cominciò a lavorare nello studio di Domenico Costantino di via
Alloro. In seguito fece altre esperienze anche fuori della Sicilia. Nel
1878 si trasferì a Firenze, dove venne a contatto con il realismo della
Scapigliatura e quello dei Macchiaioli. Nel 1880 si spostò a Parigi dove
conobbe il realismo francese e dove, nel 1881, espose una testa di
vecchia di gesso nel famoso "Salon dei rifiutati" (istituito da
Napoleone III nel 1863 per esporre le opere realizzate nell'ambito della
nuova corrente dell'impressionismo). Infine lo troviamo a Londra nel
1891.
Fra tutte le città d'Arte visitate, quella di Firenze fu la preferita
dallo scultore, dove si stabilì definitivamente, dove realizzò la
maggior parte delle sue opere, dove insegnò alla Accademia di Belle Arti
e dove muore il 18 Marzo.
La sua fu una vita piuttosto movimentata a causa della sua sete di
conoscenza che gli permise di acquisire (dalle nuove correnti italiane,
francesi e londinesi) un bagaglio di esperienze che ha rievocò nelle sue
opere, ma i caratteri dei personaggi raffigurati nelle sue sculture,
sono reminiscenze dell'ambiente paesano e contadino di Marineo.
Come sempre è stato, le opere rispecchiano lo stato d'animo dell'artista
che le ha eseguite e certamente non fanno eccezione quelle di Domenico
Trentacoste il quale, mediante le sue sculture, rivela una certa
malinconia dovuta, con molta probabilità, all'ansia di scoprire e quindi
cercare una nuova forma espressiva sempre più definita e più concreta,
era sempre alla ricerca di qualcosa di irraggiungibile e non era mai
soddisfatto di quello che aveva raggiunto.
Delle sue opere ricordiamo: "La Derelitta" con cui partecipò, anche se
da esterno, alla biennale di Venezia del 1895 e che ora si trova nel
Museo Rivoltella di Trieste; "Caino" e il gesso della "Faunetta" che si
trovano nella Galleria d'Arte Moderna di Palermo; "Alla Fonte" e "La
Dormiente" che si trovano nella Galleria d'Arte Moderna di Roma.
FRANCESCO GRASSO (1823-1883), decoratore
Nato a Mezzoiuso e ivi sposato con Artale Giuseppa con cui ebbe il
primogenito Vittorio. Nel 1855, circa, si trasferì a Marineo dove ebbe
altri tre figli: Domenico, Salvatore e Francesca.
Personaggio di rilievo nel campo decorativo, Don Francesco Grasso, così
era nominato a Marineo, dove si ricorda soprattutto per avere decorato
tra il 1860 e il 1870, la volta centrale della Matrice ad eccezione
della cupola. L'incarico gli fu conferito dal parroco Emanuele Arcoleo
subito dopo il completamento dei lavori di modifica della chiesa.
Dotato di buone capacità compositive, è riuscito, negli stucchi della
volta, a conciliare, in una forma che possiamo definire concreta,
elementi rococò, arabeschi ed elementi decorativi che meglio saranno
sviluppati successivamente nel periodo Liberty, realizzando dei riquadri
dove sussiste armonia ed equilibrio compositivo.
DOMENICO TRIPOLI (1856-1939), artigiano.
Abile artigiano della terracotta conosciuto e apprezzato nell'ambiente
marinese della seconda metà dell'ottocento.
Il suo ricco laboratorio, ancora esistente all'ingresso del paese, era
attrezzato sia per la produzione di mattoni e tegole per l'edilizia sia
per la produzione di tutti quegli oggetti utili per la casa. Venivano
realizzati vasi, brocche, piatti, tegami, tazze, giare, contenitori per
l'acqua ecc.
Ma l'attività del Tripoli non si limitò solo a tutto questo, si occupò
anche di scultura di cui però non abbiamo una ricca produzione sia per
il poco tempo libero che poteva dedicare a questa seconda attività, sia
perché alcune delle sue opere sono andate disperse. Ma l'opera più
importante che sicuramente i marinesi non dimenticheranno e che resterà
in futuro a testimoniare il valore del personaggio, è la statua in legno
di San Ciro che si trova nella cappella dedicata al medesimo Santo.
GIOACCHINO ARNONE (1876-1958) medico
Personaggio di spicco sul campo della medicina agli inizi del nostro
secolo. Si occupò anche di radiologia.
Animo a volte generoso che non dimenticava le opere di beneficenza. In
suo onore, il 23 dicembre del 1995, è stato posto un busto bronzeo nella
"Villa S.Ciro" di piazza S.Sigolene.
Agli inizi del nostro secolo fu sindaco di Marineo. A Palermo fondò la
"Clinica S.Ciro" che diresse e nel 1952 fece costruire la chiesa del
cimitero di Marineo. Era sua intenzione, anche, di istituire, a Marineo,
una scuola superiore che però non fu mai realizzata. Fu istituita
invece, dopo la sua morte, l'attuale fondazione a lui intitolata che si
occupa di attività musicali.
PIRAINO GIUSEPPE (1887-1970), poeta
dialettale.
Personaggio attualmente poco noto e poco valorizzato, ma a suo tempo
ammirato e ben voluto dai suoi coetanei marinesi proprio per il suo
carattere socievole e divertente.
Varie sono le attività che ha praticato, ma quella che maggiormente
gradiva e in cui si trovava perfettamente a suo agio, era scrivere e
recitare le sue poesie e le sue prose. Delle sue opere più importanti
ricordiamo la "Dimostranza" del 1921 e la "Satira sul Governo" del 1948
dove si riscontra uno spiccato senso critico e umoristico.
La Dimostranza, durante la festa di S.Ciro, e la Satira sul Governo,
durante il periodo di carnevale, venivano recitate lungo le vie del
paese suscitando curiosità, meraviglia, stupore e divertimento tra la
popolazione.
Inoltre ricordiamo il Piraino anche come attore e come regista nella
rappresentazione in palco della Passione di Cristo dove esercitava il
ruolo di Giuda. Tale rappresentazione fu eseguita varie volte, con
successo, attorno agli anni cinquanta.
Gli ultimi suoi versi scritti poco prima di morire, sono dedicati alla
morte e recitano:
Morti, tu contru di mia arcu mpugni
attenta nca nenti ci guadagni
datu nca mi pisti e mi sgranfugni
e po mi pisti e po mi fai a lasagni
a tia ti tocca agghiuttiri cutugna
e a mia nun mi fa iri chiù a li Vagni.
(versi suggeriti dal figlio Onofrio)
NATALE RAINERI
(1894-1974), parroco.
Parroco di Marineo dal 1923 al 1970. In suo onore, subito dopo la morte,
è stato posto un busto marmoreo nella "Villa S.Ciro" di piazza
S.Sigolene.
Personaggio di cultura e di animo generoso e responsabile, dedicò tutta
la sua vita alla Parrocchia e alla Matrice per la quale impegnò anche il
suo modesto patrimonio.
Subito dopo la nomina di parroco, si impegnò nell'allestimento della
decorazione a stucchi della Chiesa Madre (iniziato, nel secolo
precedente, da Francesco Grasso) a cui contribuirono gli emigrati in
America a cui Mons. Raineri si era rivolto. Egli si occupò, oltre che
dell'allestimento, anche della manutensione degli stucchi. L'ultimo
restauro degli anni sessanta effettuato sugli stucchi della volta del
transetto destro, fu eseguito interamente a suo carico; da allora la
decorazione della chiesa non ha subito alcun intervento.
A Lui si devono le prime pubblicazioni sulla Matrice e su S.Ciro di cui
era tanto devoto.
GAETANO FORESTA (Letterato)
Studioso marinese che ha diffuso la cultura italiana all’estero dove ha
impegnato quasi tutta la sua attività di letterato. Appena laureato
all’Università i Palermo in lettere e giurisprudenza, si trasferì a
Saragozza per seguire, all’Università, corsi di perfezionamento della
lingua spagnola, La prima occasione per diffondere la cultura italiana
l’ebbe a Madrid insegnando arte e letteratura italiana. Le stesse
discipline continuò ad insegnare anche nel Perù dove assunse la
direzione dell’Istituto Italiano acquisendo varie onorificenze. Solo a
tarda età insegnò letterature e lingua spagnola a Messina. E’ morto nel
1990.
ANDREA PATTI (Patriota)
Fu uno dei patrioti più sensibili nei confronti dell’unificazione del
Regno d’Italia. Si aggregò ai “Picciotti” di Garibaldi quando il 25
maggio del 1860, in viaggio verso il capoluogo, pernottò in paese.
Partecipò con onore alle campagne del condottiero e negli ultimi anni
dell'ottocento fu un valente collaboratore nella politica del paese
occupando le cariche di consigliere e di assessore. Per alcuni anni fu
anche sindaco di Marineo.
Per i temi trattati, inerenti ad avvenimenti ed elementi caratteristici
del nostro paese, si ritiene opportuno riportare due poesie in dialetto
composte da un nostro compaesano ormai abbastanza noto anche fuori
dell'ambiente marinese. Nel primo componimento è narrato, con una forma
colorita e carica di particolari emotivi, il tragico avvenimento del
1894 dove morirono 17 marinesi. Il secondo componimento, invece, è un
inno al simbolo di Marineo che ha ispirato artisti del pennello,
scultori, cesellatori poeti e scrittori.
LI FASCI MARINISI
Iu nun c'era ddu iornu a la batia
Quannu sangu nnuccenti pi la strata
Scurrì comu lavina e nta u paisi
Calà u silenziu di li morti tisi
Mi lu cuntà me nannu l'accadutu
E iu trimava a li so paroli
Dda sirata di mmernu a la bracera
E mi facia chiù nicu di com'era
Vuci, ammuttuna, grida dispirati
D'omini, fimmini, vecchi e picciriddi...
Nun c'era ma la genti chi cadia
L'haiu dintra l'occhi, è ccà davanti a mia
Eranu dda pi la dispirazioni
di na vita passata nta li stenti
L'occhi di fora e li figghi n'vrazza
Circavanu sarvizza nta la chiazza
La spiranza era suli dda matina
E ci arrialava anticchia di cunfortu
Menu tassi, travagghiu, pani duci
N'veci di stari comu a Cristu n'cruci
E pi risposta? Corpa di fucili
Baddi di chiummu n'capu a li cristiani
Pruvuli, focu e panzi sfunnati
Pi li spiranzi di sti disgraziati...
Li morti arristavanu a l'aggritta
N'menzu a la fudda chi paria nmriaca
Po quannu tutti foru a lu riparu
Caderu di li fila d'u puparu
La chiazza all'impruvvisu fu vacanti
Di la pruvuli u ciavuru sultantu
E lu chiantu scantatu di un nnuccenti
La matri morta, pistata di la genti
Nta na gnunidda si cugghia li ferri
Un surdateddu cu l'occhi spirdati
C'avia sparatu sutta lu cumannu:
-Diu miu, ma mi pirduni pi stu dannu?-
E Diu pirduna a li cuscenzi netti
Ma pi certi cristiani dda prisenti
Nta la chiazza cu n'terra tanti morti
Diu di lu nfernu spalancà li porti
Franco Vitali
ROCCA
Appena vidi lustru un marinisi
veni marchiatu a focu di la rocca
e stu duluri si lu porta appressu
unni va bba pi tutta la vita
rocca crudeli
prima lu iornu nni fa cumpagnia
po n'arrobbi lu suli a tradimentu
e quannu po di tia nn'alluntanamu
rumpi li notti e nni levi lu sonnu
n'accumpari e scumpari pi ddavanti
e tannu t'arrisetti e si cuntenta
quannu n'arricampamu sutta a tia
rocca d'amuri
l'occhi di cu ritorna a lu paisi
già di luntanu cercanu di tia
a la to vista già scoppia lu cori
e passa ciò chi resta di la via
prima chi tu ci affacci pi ddavanti
cu tanta cunfuisioni nta la testa
un gruppu n'gola e lacrimi agghiuttuti
rocca putenti
nni tenu ncatinati ntunnu a tia
e mmetti dintra dintra nta lu cori
na vamparedda ca nun mori mai
si tu ca puru fora lu paisi
nni ricordi ca semu marinisi.
Franco Vitali
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