Alla Montagnola le scoperte non finiscono mai

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Si è appena conclusa l'ultima campagna di scavi sulla Montagnola, la collina a 500 metri da Marineo, condotta dalla Soprintendenza ai beni culturali  di Palermo, utilizzando i fondi  messi a disposizione da Agenda 2000. Durante le opera-zioni di scavo dirette da  Francesca Spata-fora, dirigente  della sezione beni archeologici,  sono stati ampliati i saggi e approfondite le indagini già fruttuosamente iniziate negli anni. Infatti, nelle ultime campagne, sulla Montagnola sono stati raggiunti risultati scientifici molto  importanti. In un primo saggio di scavo è stato messo in luce un luogo tratto del muro di cinta della città e gli edifici addossati ricavandone preziose informazioni sulla vita materiale.

L'altro ampio saggio situato nella parte centrale  della collina ha contribuire a meglio  precisare i limiti cronologici della città sulla Montagnola attraverso  l'analisi  dei manufatti rinvenuti e la lettura stratificata. Lo scavo ha infatti confermato una frequenza  significativa del sito in epoca medievale e comunque non oltre  il XII secolo,  sino alla fine del  periodo normanno. Negli  strati  immediatamente inferiore  le strutture e i materiali  sono riferibili  a una  frequentazione sporadica in  epoca araba, bizantina e romana, mentre  la maggior parte degli  indizi rimandano  a un  insediamento importante tra  i secoli IV e II a.C.. A  tale periodo è riferibile  la maggiore espansione e prosperità  della città e la costruzione del muro di difesa. 

A tale  periodo inoltre  sono da riferire  la maggior  parte degli ambienti messi in luce a ridosso  della cinta muraria e al centro  della collina. In  quest'ultimo saggio sotto  la strada medievale  è stata messa in luce un'ampia  e profonda  cisterna intonacata scavata  nella roccia e completata con blocchi squadrati di  travertino  che fungevano anche da copertura. Nel saggio di scavo vicino le mira sono  stati rinvenuti elmi, e schinieri calcidesi, relativi verosimilmente a un deposito votivo, insieme a dei vasi recanti sulle pareti  motivi tipicamente  derivati  dalla sintassi decorativa indigena. Abbondantissimo  locale e siceliota; significativo  anche se sporadico  è il materiale  ceramico importato dalla Grecia e dall’Italia meridionale. 

Nel saggio centrale il rinvenimento delle tegole recanti la scritta greca Makella incisa prima della cottura dell'argilla nel materiale di crollo di un edificio che sovrastava la cisterna, ha fatto supporre all'equipe di archeologi che lavorano sulla nostra Collina a ubicare sulla Montagnola l'antica Makella già citata dagli storici antichi da Diodoro Siculo in occasione dell'assedio subito tra il 263-262 da parte dei Romani e da Tito Livio che la annovera tra le città ribelli a Roma nel 211 a.C. durante la seconda guerra punica; la ritroviamo alleata di Entella nel III secolo A.C. Plinio la cita nella sua opera Naturalis Historia, mentre Ptolomeo la annovera tra le città siceliote

Lo storico greco Polibio la colloca nel territorio vicino a Segesta. Durante lo scavo di quest'anno il rinvenimento di un'altra grande tegola con la stessa scritta nel medesimo luogo ha rafforzato l'ipotesi di identificare la città sulla Montagnola con Makella. Al di là del problema del nome che possa identificare l'antica città, tutt'altro che risolto, resta la certezza della presenza sulla collina di un centro indigeno frequentato certamente nel VII sec..a.C. e forse ancora prima, florido durante il periodo che va dalla fine del V secolo al II secolo a.C., partecipe dei principali avvenimenti della storia della Sicilia, prevalentemente gravitante nell'area di interesse e influenza cartaginese, che ebbe, per la posizione di cerniera tra le città puniche costiere Palermo, Solunto e la greca Himera, proficui rapporti con l'entroterra geloo-agrigentino e soprattutto con l'area dell'eparchia cartaginese.C'è da augurarsi che le antiche strutture messe in luce possono essere fruite dal vasto pubblico attraverso la realizzazione di percorsi guidati sulla collina e che i materiali rinvenuti durante le varie campagne di scavo e tutto il materiale di proprietà del Comune esposto e conservato nel Museo civico trovi apposita sistemazione presso il Castello Beccadelli Bologna per costituire il primo nucleo del Museo della valle dell'Eleutero di cui sento parlane dalla mia infanzia. E' ormai tempo che le aspettative dei marinesi di fruire del proprio patrimonio storico e archeologico vengano soddisfatte coniugandole con il lancio in chiave turistica delle potenzialità dei beni culturali del territorio al traino del Museo, la cui apertura non è più ormai rinviabile

Nino Scarpulla


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