di Antonino Scarpulla
Oggi possiamo solo immaginare quale poteva
essere in antico il paesaggio naturale della nostra zona. L'estensione
del bosco di Ficuzza, in atto è limitata a poche migliaia di ettari , ma
nonostante ciò, è rimasta l'unica grande macchia di verde della Sicilia
occidentale. Al tempo della colonizzazione dei Greci stando a certe
stime il bosco occupava circa 80% della superficie della Sicilia . Alla
fine del secolo scorso tale superficie era ridotta a circa il 3% del
territorio.
Per altro verso, oggi, "quanto resta dei boschi naturali... assume
talvolta un considerevole sviluppo improntando vaste superfici e
alimentando una immagine inconsueta della Sicilia, comunemente ricordata
come regione arida, avamposto del deserto africano" , contribuendo così
alla immagine della Sicilia dai contrasti duri del paesaggio e della
vita, una Isola dove, come diceva Tomasi di Lampedusa, "bestie e uomini
annegano là dove due settimane prima le une e gli altri crepavano di
sete".
Ricostruire il paesaggio naturale in antico della nostra zona è quanto
mai problematico in assenza quasi del tutto di fonti documentarie
relative al territorio, almeno sino al medioevo.
L'Eleutero , che ha le sue sorgenti a Rocca Busambra sopra Ficuzza, si
vuole in antico parzialmente navigabile , probabilmente sino a Risalaimi
Ciò sarà stato indice di un apporto idrico che solo un manto boschivo
più fitto ed esteso poteva dare, così come poteva alimentare una
fiorente attività molitoria come quella di Marineo I mulini di Marineo
peraltro sono documentati già nel 937 dalla Cronaca di Cambridge ,
nell'ambito di uno scontro tra palermitani ed agrigentini per il
predominio nella sicilia centro-occidentale, finito con la sconfitta di
questi ultimi.
Montagne oggi prive di vegetazione ( cito nella nostra zona buona parte
di Busambra, Monte Rossella, Monte Ilardo, Pizzo Parrino, Cozzo
Sovarelli...) erano coperte dal bosco nella sua forma più nobile, il
querceto, di cui sopravvive a oggi solo qualche toponimo della
situazione ambientale di un tempo: Suvarita, Contrada Sovarelli,, Cozzo
Cerro, ... Il fatto è che in Sicilia e nel nostro territorio, la foresta
è stata una realtà testimoniata dai numerosi resti archeologici delle
località più note Montagnola, Pizzo di Casa, Solunto, relativi a
cinghiali, boes, cervi, di mammiferi oggi del tutto scomparsi. Infatti
tali ritrovamenti sono indicativi della esistenza di una realtà
ambientale oggi profondamente mutata.
La presenza di lupi nella zona largamente attestata dalla sopravvivenza
di toponimi come Lupo e Lupotto, presuppone un bosco fitto e ricco di
selvaggina necessaria alla sopravvivenza di tali predatori.
E' stato osservato come " Lo studio della fauna e della microfauna
collegato alle variazioni climatiche di maggiore rilievo è indicativo
del tipo di vegetazione presente nei diversi spazi temprali
La responsabilità dei cambiamenti radicali intervenuti negli assetti
idrogeologici, sulla estensione del manto boscoso , sono solo in parte
riconducibili all'uomo. Certamente la necessità dei Cartaginesi, Romani,
Arabi di costruire flotte navali , ha contribuito a intaccare il manto
vegetale siciliano e quello della nostra zona facilmente accessibile.
Inoltre la necessità delle genti che vivevano nella città e nei villaggi
vicini o dentro le zone boschive di dissodare terreni da destinare alla
semina , ha influito sulla contrazione del manto boscoso.
La costruzione di una grande flotta, necessaria per la politica di
conquista e di potenza romana, assorbiva notevoli quantità di legname
d'alto fusto; l'alimentazione di una modesta metallurgia per costruire
utensili o armi, assorbiva notevoli quantità di legname proveniente
dalla fitta boscaglia della macchia mediterranea. Anche gli Arabi,
affamati di legname per la costruzione delle flotte necessarie a
supportare la loro politica espansionistica nel Mediterraneo sono
attratti dalle foreste della Sicilia, dove già doveva essersi
ricostituito un discreto manto vegetale, specie nella parte Nord
occidentale.
In questo variare della superficie boschiva ha influito anche il
mutamento del clima: caldo intorno all'anno Mille con uno o due gradi in
più ella media attuale, freddo al tempo di Federico II, caldo umido tra
il XIII e XIV secolo; siccitoso nel 500 e ancora freddo e umido nel
seicento e settecento con una media di circa due gradi e mezzo in meno
della media attuale.
Ma la storia del ruolo del clima sul mutamento delle condizioni
ambientali è ancora da fare .
E' comunque possibile che il bosco medievale siciliano sia stata una
riproduzione spontanea consentita dal clima di un manto vegetale che era
già stato pesantemente intaccato una prima volta in epoca romana. In
tale epoca infatti viene imposta una politica di disboscamento
sistematica del suolo siciliano per far posto alla coltura del grano
destinato all'approvvigionamento delle metropoli. Il disboscamento
rendeva inizialmente i terreni fertilissimi con rese mai più raggiunte,
neanche con i moderni sistemi colturali. Ben presto una volta
isterilitosi il suolo il grano lasciava il posto al pascolo transumante.
In questo contesto , per capire la portata delle trasformazioni avvenute
durante i secoli va accennato brevemente al processo di antropizzazione
della media e alta valle dell'Eleutero territorio. , ai fini della
ricostruzione della ricostruzione seppur sommaria delle condizioni e
dello sfruttamento delle risorse del territorio.
Le scelte degli abitanti della zona "ab antiquo" hanno sempre tenuto
conto sia dei fattori contingenti ( luoghi sicuri e facilmente
difendibili in periodi turbolenti o facilmente raggiungibili in periodi
di pace ma pur sempre dotati di una certa sicurezza), comunque ricchi di
risorse idriche , vegetali ed animali e con buoni terreni da mettere a
coltura . E' stato notato come nel " Mediterraneo la storia degli uomini
abbia spesso avuto inizio sulle colline e sulle montagne dove la vita
agricola è sempre stata dura e precaria, ma che in compenso erano al
riparo dalla micidiale malaria e dai troppo frequenti pericoli della
guerra. Per questo ci sono tanti villaggi inerpicati sui pendii, tante
piccole città aggrappate alla montagna, le cui fortificazioni si fondono
con la massa rocciosa dei declivi"
A 500 metri dall'attuale centro abitato di Marineo, sulla Montagnola, un
notevole centro indigeno sorge sino dal VIII-VII secolo a.C. e come
documentano gli scavi sin qui condotti, protrae la sua vita con alterne
vicende sin al secolo XIV .
La Montagnola controlla il percorso occidentale della strada che da
Palermo portava ad Agrigento e costeggiava il versante Nord di Rocca
Busambra dove toccava, verso l'estrema propaggine Ovest di Busambra, un
altro centro indigeno sorto su Pizzo Nicolosi.
Questo centro, profondamente ellenizzato , ma ricadente nell'area di
influenza cartaginese , non sopravvive agli avvenimenti della seconda
guerra punica e scompare del tutto già intorno alla fine del III sec.
a.C.
Sull'estremo versante orientale del bosco, si trova Pizzo di Casi ,
monte che sovrasta Mezzojuso, che a quota 1211 mt presenta una
morfologia adatta a un insediamento stabile e ben difendibile. Sui due
rilievi sommitali, Pizzo Re e Pizzo Castello si sviluppa il centro
abitato indigeno sorto almeno sin dal VII sec a.C. Fu abbandonato in
epoca Romana e successivamente rioccupato in periodo arabo-normanno..
Infatti su tutta l'area sommitale si osservano strutture murarie in
superficie o messe in luce da scavi clandestini, ceramica incisa e
dipinta indigena, ellenistica e medievale.
Altri centri coevi minori sorgono nel territorio preso in esame e nelle
immediate vicinanze. Vale la pena di ricordare il centro sorto su Cozzo
SANT' Angelo, coevo ai precedenti descritti, e poco distante Pizzo
Chiarastella dove è stata rinvenuta ceramica preistorica associata a
frammenti di selce, ceramica a vernice nera, ceramica medievale..
In epoca romana, per le mutate condizioni politiche ed economiche,
vengono progressivamente abbandonati i siti arroccati e vengono
preferite località pianeggianti o collinari.
Per citare solo alcuni esempi nelle immediate vicinanze di Ficuzza
,insediamenti Romani si hanno a Bifarera di sopra e a Nicolosi dove
l'attuale masseria diroccata sorge su una fattoria romana e a sua volta
su un precedente insediamento ellenistico.
Altro insediamento di epoca romana si ha a Bifarera di sotto presso le
case Barbaccia dove si rinvengono frammenti ceramica scrivibili a tale
periodo. Anche qui a ridosso della attuale Masseria è stata individuata
una necropoli di un insediamento rurale , dalla quale provengono lucerne
romane di III-V sec. d.C..
Presso il bivio per Ficuzza, su Cozzo Arcuri, antico crocevia dove si
incontravano trazzere e sentieri per il collegamento tra i vari centri,
probabilmente sorse quello più cospicuo della zona probabilmente una
Massa, per la abbondanza e la qualità dei materiali che vi si rinvengono
.
Poco distante, li cito per completare il quadro degli insediamenti più
importanti oggi noti, evidenti segni di frequentazione Romani si hanno
su Cozzo Montagnola, Quadaredda, Rossella, Mandrazze, per non parlare di
Sant' Agata uno dei più importanti centri tardo Romani scoperti e
indagati della Sicilia occidentale. La zona è costituita da terreni
argillosi vocati a un intenso sfruttamento cerealicolo dove domina
ancora oggi incontrastata la proprietà di grandi dimensioni e il feudo.
Sul versante orientale invece , vanno ricordati in epoca tardo-antica i
centri sorti su Cozzo Quattro finaite, su Cozzo SANT'Angelo ai margini
dell'attuale bosco Sovarita, già frequentati in epoca precedente, il
centro sorto presso i bagni di Cefala Diana del quale sopravvive ancora
le tombe ipogee scavate in un banco di arenaria, l'altro centro presso
Strasatto nonché presso Acqua del Pioppo, di età ellenistico-romana
Questo fenomeno della ruralizzazione di larga parte della popolazione ,
ha portato verosimilmente a ulteriori disboscamenti nella zona
assottigliando ancor più il manto boscoso e incrementando la superficie
posta a coltura
In epoca successiva tutti questi siti collinari vengono abbandonati e
gli abitanti si trasferiscono i località più sicure sotto l'incombente
minaccia araba. Tracce di questo processo di arroccamento si hanno sulla
Montagnola di Marineo, Su Cozzo SANT' Angelo, su Pizzo Chiarastella su
Cefalà, e per stare dentro il bosco di Ficuzza, su Alpe Ramosa dove è da
collocare verosimilmente Al-Hazan, la fortezza che Edrisi ricorda" come
prospero paese con poderi e casali" . A Sud del Bosco, sul versante
meridionale di Busambra sorgono due casali di recente indagati che
testimoniano insieme allo sfruttamento delle risorse del territorio ab
antiquo nelle zone impervie del Massiccio anche la duplicità di un
abitato che si articolava in un casale aperto, utilizzato in periodi di
tranquillità e un casale poco distante arroccato e ben difeso per i
periodi più turbolenti o di guerra.
La conquista araba, dopo i primi guasti, portò alla capillare diffusione
di abitati nella zona. La maggior parte delle località citate e già
abitate in epoche precedenti vengono rioccupate e un periodo di relativa
pace porta benessere e prosperità alle genti del luogo. Al di là
dell'enfasi con la quale i viaggiatori contemporanei descrissero la
Sicilia ereditata dalla conquista normanna, sicuramente gli Arabi
avevano organizzato uno stato prospero anche se diviso al suo interno.
Durante il periodo Normanno infatti il territorio risulta essere
abbondantemente popolato, ricco di casali, masserie e intensamente
sfruttato da agricoltori allevatori.
Dalla documentazione coeva normanna, e precisamente il diploma del 1182
, sembra che l'attuale bosco di Ficuzza e quindi l'alta valle dell'Eleutero
, appartenesse per buona parte alla "divisa terrarum" di Cefalà che
nelle sue estreme propaggini occidentali confinava con quella di
Corleone e di Jato (all'interno della diocesi di Monreale) nel punto
dove transitava la via Corilionis, nei pressi delle rocche di Rao.
Parte dell'attuale complesso boschivo apparteneva a Chasu . "Il
tenimentum di Chasum comprende comprende probabilmente Godrano, il
territorio odierno di Mezzoiuso, la parte orientale del massiccio della
Busambra col Pizzo di Casi ( sito del casale) e col monte Morabito, gli
attuali ex Feudi Giardinello e Guddemi, nonchè il territorio odierno di
Campofelice di Fitalia"
Il casale di Bufurera,individuato a circa 2 km a Ovest di Ficuzza,
allora nella divisa di Corleone , confina con la divisa di Rahal Kateb
Joseph cioè Mezzoiuso. A sua volta il monte Busambra,il Mons Zurara
delle fonti coeve, è compreso tra la "Magna divisa corilionis" e il
territorio di Hasu.
In un documento del 1240, "Il libellum de successione pontificum
agrigenti" i territori di Cefalà e Hasum sono enumerati quali prebende
della diocesi di Agrigento, cioè con diritto di esigere decime sulle
risorse del territorio e quindi anche sullo sfruttamento delle risorse
boschive.
Complessivamente , dunque ,in periodo normanno siamo in presenza di un
territorio, ben abitato, ricco di casali e villaggi e intensamente
sfruttato da agricoltori e da allevatori. Cefalà viene definito dal
geografo arabo Edrisi "grazioso paese, gran distretto e gran territorio
con masserie e casali"; Chasum "casale di molte seminagioni e si
raccolgono varie specie di produzione e civaie". Questa ultima notazione
messa li dall'autore sicuramente riferendosi anche alle risorse che gli
abitanti dei villaggi potevano trarre dal bosco.
Bifarera di Sopra, Bifarera di sotto, Casali appartenenti secondo un
diploma del 1215 di Federico II alla chiesa Palermitana sono abitati da
coloni verosimilmente in maggioranza Arabi; ancora dentro il bosco o
nelle immediate vicinanze delle sorgenti dell'eleutero, a Nicolosi e su
Alpe Ramosa è pure presente la tipologia ceramica medievale ( ceramica
invetriata verde, gialla, marrone, ceramica con solcature da tornio
sulla parete esterna; frammenti di tegole di un impasto particolarmente
leggero...).
Sul versante meridionale di Busambra c'è Casale di sopra e Casale di
sotto, già citati; a Nord, sulla Montagnola, Marineo rifiorisce,
riassumendo un ruolo di cerniera tra la costa e l'entroterra palermitano
; a occidente viene occupato, ai margini del Bosco della Sovarita,
Godrano; poco distante, Cozzo Sant'Angelo riprende vita. Solo per citare
solo i siti più vicini alle risorse del bosco.
Notizie della situazione ambientale si traggono dallo sfoglio della
documetazione edita sul territorio : presso Cefala siamo nel 1242,
esisteva un "nemus Terrase " ricordato nella descrizione del tenimento
dell'ospedale di Lorenzo , in territorio di Villafrati.
L'anno successivo l'imperatore Federico II concedeva a certi palermitani
di " ligna incidere ad usum eorum apud guduranum, in plano et apud
parcum veterem" e canne "pro vineis".
Il bosco del Parco Vecchio ancora oggi esistente ma di proprietà privata
costituisce l'estrema propaggine Nord del bosco di Ficuzza. Il bosco di
Godrano, così viene nominata nelle fonti della cancelleria e notarili
del medioevo buona parte del bosco di Ficuzza ritorna in un altro
documento del 1306 quando re Federico III concede sempre ai palermitani
di far legna e carbone in "nemoribus goderani, Chasace", in boschi " tam
regi demanii quam ecclesiarum et baronum " . Sia Godrano che Casaca
fanno parte al quel tempo dei Feudi di Cefalà .
In documenti e atti stipulati nel 1320 , 1341, nel 1421, 1425 nel 1434 i
boschi della zona vengono sfruttati ora per il legno per il carbone ora
per la raccolta delle ghiande destinate all'allevamento dei maiali, cioè
agli abitanti dei Casali situati nei pressi o dentro del bosco vengono
riconosciuti diritti di pascolo o di legnatico e ghiandatico da
esercitare con precise regole dettate dalla Cancelleria reale o dalla
chiesa che ha la concessione feudale.
Siamo in presenza di continua richiesta da parte soprattutto dei
cittadini della capitale del regno di prelievo di essenze vegetali dai
boschi vicini alla città. Infatti già allora Palermo non ha più di fatto
boschi da dove trarre legna da ardere, per le costruzione, per
fabbricare oggetti di arredo o utensili, carbone per scaldarsi.
Bosco che non è meta di gite domenicali di spensierati vacanzieri ,bensì
risorsa vitale per genti che vivono ai limiti della sopravvivenza :
carbone, mortella per la concia delle pelli, funghi, erbe e frutti del
sottobosco, quali asparagi, fragole, corbezzoli, azzeruoli, prunastri
agli, origano menta, alloro, ghiande per gli animali; fonte di lavoro
per uomini donne e bambini; caccia di cervi, cinghiali, capri
selvatici., conigli, lepri, volatili, importanti integratori di proteine
nella povera mensa dei contadini.
Da allora la Corona, ne fanno fede i contratti di concessioni, impone la
tutela dei boschi per assicurarsi la caccia e per rifornisi di legname
per le attrezzature necesarie al Regno.
La monarchia normanna aveva costituito un vasto insieme di foreste
amministrate da un " magister forestarius" o di luoghi protetti per la
caccia reale quali parchi e "solatia".
Solatium fu il bosco del Parco Vecchio a Nord del bosco di Ficuzza che
Federico II, stando alla testimonianza dello storico coevo Romualdo
Salernitano, fece recintare di muri in pietra per custodirvi la
selvaggina e potersi dedicare alla caccia avendovi piantato diverse
specie di , alberi e avendovi introdotti daini, caprioli e cinghiali .
L'istituzione, destinata a proteggere le fonti di approvigionamento per
l'arsenale in legname d'opera, funziona sino al XIV secolo, dopo si
sfalda con lo svanire della autorità regia. Il vicino bosco di Mezzoiuso
infatti è gestito dal monastero di SANT' Giovanni degli Eremiti il cui
abate più volte concede a terzi di sfruttarne le risorse .
Nel 1331 l'abate di SAN Giovanni degli Eremiti Frate Federico "
religiosus honestus" cede il frutto delle ghiande del bosco di
Misiliusufu per il prezzo di otto once e mezza oltre due porci dei
migliori da dare nel bosco . Nel 1388 è nuovamente documentato il bosco
di Mezzoiuso, dove i massari si recavano " ad faciendum ivi lignum
mortum...aratra et stragula" .
Sembra però che il bosco di Godrano , di Rocca Busambra e delle sue
dipendenze rimanga legato in qualche modo alla chiesa di Monreale, come
d'altronde la granparte del territorio che oggi possiedono Piana degli
albanesi e Santa Cristina Gela. Tali enormi possedimenti veniva no
gestiti direttamente dal vescovo o da appaltatori che dettavano le norme
di accesso e di sfruttamento delle risorse e vigilavano sul loro
rispetto. Anche la pesca negli stagni dentro il bosco, oggi non più
esistenti , viene attestata da Edrisi nel XII secolo e dal Mongitore
ancora nel settecento ( "il biviere di Cutrano produce in molta copia
cefali, tenche e anguille"). Margi e lagune vengono ancora alla metà del
secolo scorso segnalati dalla documentazione municipale
Il decadere progressivo degli abitati alla fine del duecento e la prima
metà del trecento, dovuto alle guerre dei normanni contro l'elemento
arabo, successivamente per la successone al regno degli svevi e le
continue guerre tra aragonesi e angioini per il possesso del regno di
Sicilia, le turbolenze dei Baroni siciliani, le carestie, peste (
micidiale quella del 1348 che ridusse a meno della metà la popolazione
in Europa) ridisegneranno un paesaggio in cui si è sfilacciata la maglia
degli insediamenti del periodo arabo-normanno per lasciare posto al
feudo abitato nell'ambito di una economia agricola estensiva dominata
dalla cerealicoltura e soprattutto dal pascolo. Godrano, Chasum,
Marineo, Cefalà scompaiono come centri abitati.
La presenza dell'uomo nella nostra zona è limitata alle masserie nelle
zone collinari. Ricordo fra tutte quelle di Scanzano ai margini del
bosco della Massariotta sede di un notevole santuario di SANT' Maria
della Dayna31, e dove si svolgeva anche una fiera e la poco distante
chiesetta di SAN Vito : da questi luoghi a fine cinquecento sono state
trasportate le più antiche opere d'arte che si conservano a Marineo: una
acquasantiera del 1300, delle statue lignee del XVI sec. , una piccola
croce dipinta; la masseria del Parco Vecchio ricca e prospera , come
stanno a indicare gli affreschi dell'ultimo quarto del quattrocento
scoperti dentro la chiesa della masseria, dipendente dalla abbazia di
SANT' Maria di Altofonte; successivamente sorge la chiesa di SANT'
Isidoro agricola dentro il bosco del Cappelliere.
Le mandre in montagna ( testimoniata nelle zone più alte di Busambra e
di fronte a Rossella) , sono funzionali unità produttive del processo di
feudalizzazione del territorio. E' importante la presenza della
masseria: si insediano nelle radure disboscate e corrodono i margini del
bosco palmo a palmo.
Il controllo del territorio viene garantito qua e la da castelli
signorili come quello di Cefalà e successivamente di Marineo Risalaimi
in questo periodo viene fortificato
Dentro i boschi sorgono a volte dei veri villaggi fatti di capanna in
paglia o con alzato in pietra a secco e tetto ricoperto di frasche , i
pagliai, che vengono abbandonati alla fine del ciclo produttivo: proprio
dentro il bosco il toponimo Paghiarotti verosimimilmente ricorda un
insediamento di tale tipo. Peraltro sempre dentro il bosco in contrada
Sovarita si incontrano facilmente resti di abitazioni di tal genere .
Le terre di Bifarera, Cefalà , Marineo ad alta vocazione granaria
esportano cereali verso Palermo e oltremare. I territori vengono
sfruttati, per acquisto diretto, è il caso di Marineo acquistato nel
1342 da un Henrico di Pollina "cum nemoribus, viridiario, forestibus".
In altri casi vengono ingabellati da ricchi agricoltori o allevatori o
mercanti soprattutto delle madonie che meno hanno risentito i guasti
delle guerre e delle epidemie.
Le vicende successive del boschi appartenuti alla divisa di Cefalà e di
Chasum e situati nel territorio dell'alta valle dell'Eleutero sono
nebulose.
I turbinosi passaggi di proprità avvenuti nel corso del quattrocento e
cinquecento non ci consentono di seguire la storia del territorio se non
per sommi capi. Ricchi feudatari, abati che fanno leva su antiche
concessioni avuta dai normanni, dagli svevi o dai re aragonesi ,
sfruttano le risorse del territorio, in proprio o ingabellandoli.
In ogni caso poco importa al prorpietario che i cicli colturali
praticati nei propri territori rispondano a un criterio di razionalità.
Si cercherà sempre e comunque il massimo del profitto da raggiungere nel
più breve tempo. Non controlla l'uso che viene fatto della sua terra e
dei suoi boschi. Diritti di pascolo, di legnatico, di seminare vengono
esercitati sempre più indiscriminatamente. Dominano incontrastate le
terre incolte e i pascoli.
La generale congiuntura in cui viene a trovarsi l'economia, bassi prezzi
del grano e delle derrate alimentari, la distribuzione della popolazione
non apporteranno grandi cambiamenti alla struttura insediativa e
produttiva del territorio nel corso del XV secolo.
Ai margini occidentali, a opera degli Albanesi rinasce Mezzojuso,
esempio isolato di nuova fondazione.
Nel cinquecento la situazione muta. Il prezzo del grano sale, e spinge a
dissodare terre da secoli lasciati al pascolo, . Ricchi signori feudali,
mercanti e borghesi si lanciano nella grandiosa impresa di
trasformazione del territorio con la fondazione di nuovi aggregati
urbani, previo acquisto dalla corona di "licentiae populandi". Ai nuovi
venuti vengono concesse vantaggiose condizioni di possesso della terra
di agevolazioni nell'attività agricola, esenzioni fiscali, usi civici
sulle terre comuni. E' il caso di Marineo , fondato nel 1556, ai cui
nuovi abitanti viene concesso tra l'altro di fari "in tutti li boschi e
li feghi dello marchesato qualsivoglia sorta di ligna".
La fame di terra dei nuovi coloni intacca ulteriormente il nostro bosco
che subisce una pesante contrazione: Il bosco Sovarita nel 1607 di fatto
non esiste più: su 680 ettari di superficie rivelata il bosco occupa
appena mezza salma di terreno. Tra il sei e il settecento nascono nel
grande Marchesato riunito dai Bologna a metà cinquecento Cefalà e
Godrano ricostituendo il tessuto dei principali insediamenti che vivono
ai margini del complesso boschivo.
Quale sia stato l'uso del nostro bosco durante i secoli dal Cinquecento
al Settecento è facile immaginare. Per le popolazioni che vivono ai
margini del bosco è risorsa vitale a cui accedere a determinate
condizioni e vincoli.; per i proprietari, risorsa da sfruttare
economicamente. Secondo lo storico della chiesa di Monreale Michele del
Giudice che scrive alla fine del Seicento Ficuzza è un feudo nobile che
appartiene all'Arcivescovo di Monreale che lo amministra direttamente
consta di " salme 160, cioè 130 lavorate e salme 40 di bosco bellissimo
e giovane, atto per ingrassarvi duecento porci. Il resto paludi o margi
ed incoltivabile o forte. Non ha case. E' abbondante di acque. Si
gabella per onze 300 ann. Sotto lo scoglio di Busambra vi sono le fosse,
ove si raccoglie e conserva la neve, e si gabellano ogni anno, insieme
con quelle di Ragalcesi per onze 900, oltre li vantaggi che qui in
sicilia chiamano carnaggi, di molti carichi di neve franchi"
Busambra è concesso a Masseria per sfruttare il terreno seminativo, ma
la maggior parte sono terre "vacanti." Il Fazello ricorda che su
Busambra " sarracenorum olim erat oppidum , Calatabusammar nominatum,
hodie jacens: cuius etiam nunc cernuntur vestigia" . Il Feudo Lupo ha
una sola masseria di 70 salme "L'altre 200 salme cioè 120 lavorative e
il resto lagune o margi incoltivabile e forte sono della Chiesa quale
strasatto, con l'erba della masseria lo gabella onze 410 annuali. In
questo feudo vi sono molte conserve d'acqua per bervi le bestie. Si
fecero per comodità degli armenti delle cavalle regie che qui
pascolavano e che poi per ordine del re Filippo II si abolirono" . Qui
lo storico del Giudice non menziona boschi verosimilmente già allora
molto degradato. Secondo lo stesso storico il Cappilleri era un "feudo
di 285 salme in circa; lo strasatto salme 250, cioè 50 lavorative e
salme 200 fanno bosco e montagna e vallate di copiose querce, che
ingrassano da 600 maiali l'anno. Si gabella con l'erba della masseria
onze 220 annuali. La sola masseria che contiene di gran soggezione a
questo feudo è detta di SANT'Vito, per una chiesa di questo santo, ora
rovinata, è di aratati 1 salme 35 circa.
Il bosco del feudo, serve ai bisogni di tutte le masserie
dell'arcivescovado, per provvedersi del legname, atto agli arnesi
dell'agricoltura, ed anco del legno morto per ardere, vi bisogna per
valersene della licenza scritta del procuratore generale della mensa".
Anche il feudo di Buceci fa parte della mensa di Monreale e su 255 salme
di terreno ben 80 sono a bosco mentre circa 70 incoltivabile e lagune o
margi. Nel bosco vengono tenuti a ingrassare 400 maiali l'anno. Ancora
dunque alla fine del seicento e ai primi anni del settecento ( Del
giudice pubblico la sua monumentale opera nel 1702) sono documentati
salme 320 di boschi pari a 731 ettari e 200 salme di forte, margi e
incoltivabili verosimilmente di bosco altamente degradato pari a ettari
457 . Abbiamo quindi un totale di 1188 ettari di terreno più o meno
intensamente boscato. Oggi il Bosco è limitato alla macchia del
Cappelliere-Ficuzza-Godrano.
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di Antonino Scarpulla
Sino a pochi decenni or sono il sistema di
trasporto comunemente adottato era il cavallo o quello di andare a
piedi, percorrendo a mezza costa le vallate dei corsi d'acqua grandi e
piccoli. Le vallate dei fiumi sin dalla preistoria sono state naturali
vie di penetrazione nel territorio, sfruttandone le caratteristiche
favorevoli all'accesso .
Molte delle strade oggi percorse da rotabili statali ripercorrono gli
antichi tracciati viari. Il consolidarsi di antichi percorsi in strade,
dipendeva da molteplici fattori: naturali topografiche del territorio,
la presenza di colline o monti da superare, presenza di valichi
accessibili da una regione a una altra, l'insediamento umano. Di fatto
se per la grande viabilità il fattore determinante è il corridoio
naturale lungo il quale si snoda il tracciato viario, accanto ad esso si
sviluppa tutta una viabilità secondaria di collegamento i centri minori
e la campagna circostante .
Molti tracciati viari antichi si sono consolidati in nuove strade o sono
scomparsi come tali, in base alla destinazione d'uso del territorio e la
evoluzione nel tempo delle strutture insediative, per la presenza di
sorgenti d'acqua o di terreni particolarmente fertili.
Nei luoghi più adatti durante il corso della storia l'uomo spesso è
ritornato ad occupare siti prima abbandonati (per cause non sempre
documentabili), per il fatto che i luoghi adatti a un insediamento
stabile, sono relativamente pochi.
La valle dell'Eleutero ha costituito una via di penetrazione dalla costa
palermitana verso l'agro corleonese-agrigentino più a Sud sin dalla
preistoria. Tracce di questa frequentazione preistorica infatti
provengono da vicino Monte Chiarastella (Villafrati) dove è stato
rinvenuto e documentato un contesto neo-eneolitico col ritrovamento di
frammenti di ossidiana . Presso le sorgenti Risalaimi e poco distante in
contrada Favarotta-Don Paolo, sono segnalati frequenti rinvenimenti di
utensili preistorici in selce. Più di recente durante i lavori per la
realizzazione di vasche di raccolta acque nella stessa contrada altra
selce lavorata è stata sporadicamente raccolta durante gli sbancamenti
di terreno. Sempre a Risalaimi e nei pressi della sorgente ancora
inesplorate si trovano ampie grotte che potrebbero fornire elementi più
consistenti a documentare la frequentazione preistorica della vallata.
Altra selce si raccoglie nei pressi di Ficuzza in contrada Castellaccio
insieme a qualche raro frammento di ossidiana sicuramente proveniente
dalla costa, il cui fiorente commercio era monopolizzato dalle isole
Eolie, nonché su Alpe Ramosa, ma in contesto altomedievale e medievale.
Altri frammenti di selce sono segnalati sulla Montagnola di Marineo,
dove è documentata una frequentazione almeno dal VIII sec.a.C., su Cozzo
SANT' Angelo che presenta tracce di frequentazione sin dal VII-VI
sec.a.C Lungo le strade, non rotabili ma semplici tracciati percorsi da
cavalli, muli,o a piedi, pochi e precari ponti realizzati quasi sempre
in legno, quando la via era costretta ad attraversare un fiume. Il guado
facile d'estate era impossibile o estremamente pericoloso di inverno
date le piene improvvise dei capricciosi e irregolari fiumi siciliani.
Sull'Eleutero dei ponti sono documentati durante il Medioevo Nei pressi
di Risalaimi sino al secolo scorso esisteva un ponte "secolare" ormai
distrutto, del quale si conserva solo qualche traccia dei piloni in
muratura sotto la condotta EAS che porta l'acqua al potabilizzatore poco
distante; poco più a valle un altro ponte, quello della fabbrica,
costruito nel 1581.
Notizie sulla viabilità antica e romana si traggono sia da vari autori
classici e soprattutto dal noto Itinerarium e dalla Tabula Peutingeriana
scritti all'epoca dell'imperatore Caracalla, ma di cui ci rimane una
redazione di metà sec III.
Importante strada di collegamento tra la costa Palermitana e quella
Agrigentina fu quella che percorreva in un primo tratto la valle dell'Eleutero
per poi biforcarsi nei pressi di Bolognetta: un braccio toccava
Villafrati, Vicari, Lercara sino ad Agrigento, un secondo passava da
Marineo, costeggiava Rocca Busambra, passava per Pizzo Nicolosi, Cozzo
Zuccarrone, (Corleone), Monte Cavalli, e quindi sino ad Agrigento.
La presenza di questo secondo braccio è stato archeologicamente
documentato dalla scoperta di un Miliarium in Contrada Zuccarrone,
risalente al 254 a.C. . Su questa evidenza archeologica, è possibile
pensare che l'ultima stazione citata dall'Itinerarium prima di Palermo,
Pirama, sia collocabile a Marineo Per altri (Holm, Pais, Pace)
l'Itinerarium ricalca il tracciato oggi preferito dallo scorrimento
veloce PA-AG. In mancanza di altri elementi certi a sostegno di una
ipotesi o dell'altra, occorre lasciare al tempo e allo scavo
archeologico la soluzione .
La strada che passava da Marineo seguiva verosimilmente un tracciato non
molto dissimile da quello percorso dalla attuale statale. In età
classica toccava vari centri oltre la Montagnola: Cozzo Montagnola,
Castellaccio, Bifarera, centri di età classica, e Pizzo Nicolosi, dove è
accertata la presenza di insediamenti dal VII sec. a.C. e nei pressi
sino al Medioevo .
E' lungo questo asse viario principale che si snoda nel nostro
territorio una viabilità minore, ma vitale per i collegamenti tra i vari
insediamenti lungo il corso del medio e alto Eleutero.
Di notevole importanza la strada che scendendo verso contrada Favarella,
a Sud-Ovest della Montagnola, toccava varie località quali Cozzo del
Morto, Giarra, Cozzo Montagnola, Caldarella, Rossella, SANT' Agata.
Proprio nei pressi di Sant'Agata si innestava nel tracciato viario
proveniente dal corleonese e diretta a Palermo, attraversando i
territori oggi dei comuni di Piana degli Albanesi e di Altofonte. Questa
strada è ricordata nei documenti medievali come "via que ducit a
Corilione ad Panormum" .
Una altra importante via fu sicuramente quella che collegava la
Montagnola e la vallata del fiume Parco, lungo il cui corso sono stati
individuati diversi insediamenti archeologici di età classica bizantina
e medievale, sicuramente collegati politicamente ed economicamente alla
Montagnola e a Marineo.
Tale via peraltro oggi parzialmente ripercorsa da una strada
provinciale, collegava il territorio di Marineo con quello di Piana,
Jato, nonché Palermo.
La strada che da Palermo conduceva all'interno transitando per Risalaimi,
proprio in quel punto, almeno sino al secolo scorso secondo la
testimonianza dello storico locale Don Giuseppe Calderone , si partivano
diverse strade che transitando per la terra di Marineo si dirigevano a
Godrano, Cefalà-Bagni; strade che oggi sono tra l'altro migliorate e
costituiscono importanti vie di collegamento tra le varie contrade.
Sopravvivenza dunque di vecchie trazzere dove transitava un commercio
minuto dei prodotti della terra e della pastorizia ; attraverso le quali
transitava il bestiame transumante; strade affollate da numerosi
viandanti o pellegrini; dai contadini quotidianamente percorse per
andare o ritornare dai campi.
Vari altri tracciati viari sono inoltre ricordati dalla documentazione
di età medievale, basta uno spoglio anche sommario della documentazione
d'archivio.
Tali trazzere regie, e quindi demaniali, hanno cristallizzato
tramandandoli una rete di collegamenti di remota antichità e ciò è
documentabile almeno dal medioevo sino ai nostri giorni. Dal testo
edrisiano sembra trasparire una preminenza in età medievale del
tracciato orientale della Palermo-Agrigento, strutturatosi soprattutto
in età classica, Alla fine dl 1500 il notaio Baldassare Zamparrone,
proveniente da un viaggio con amici dal Monastero di SANT' Maria del
Bosco, nei pressi di Bisacquino, di rientro a Palermo passa per la via
sotto Rocca Busambra e quindi da Marineo sino alla capitale Con buona
probabilità la strada fatta dal Notaio ripercorreva in parte la" via
ducentem a Corilione in Biccarum" ricordata dal Rollo della Chiesa di
Monreale del 1182 , che doveva transitare sotto Busambra visto che
toccava nel suo percorso Godrano; doveva inoltre interessare e il primo
tratto della " via exercitus que est a Jato" ( ricordata pure dallo
stesso documento) che transitando proprio sotto Pizzo Nicolosi, si
dirigeva, attraversando la divisa di Ducki, verso Sant'Agata e da li a
Palermo. Queste vie oltre a collegare i centri più importanti mettevano
in collegamento anche le varie masserie e i numerosi casali sparsi per
la campagna medievale.
Nel corso del XIV e XV sec spesso viene citato nella documentazione
Risalaimi. La ricchezza e l'importanza della Masseria come centro
economico e centro di controllo del territorio viene attestata sia dalla
realizzazione ella decorazione nell'ultimo quarto del sec. XV ad opera
di Tommaso de Vigilia e della sua cerchia di collaboratori, degli
affreschi della cappella, che dalle numerose opere di fortificazione e
difesa messe in atto dai proprietari della masseria gia nel 1493 come si
evince da un atto stipulato dal notaio Domenico Di Leo (ASPA ND 1407 f.184-192,
V ind) riguardante un inventario dei beni della Magione ricevuto in
commenda da Alfonso Leofante, tesoriere del Regno, redatto da Antonio
Lercara suo procuratore e Johannes Magdalena rappresentante il
Conservatore del real patrimonio; Nel 1499 (ASPA Conservatoria del real
patrimonio 84, c. 33) viene concessa la facoltà di fortificare il
complesso tanto da assumere l'aspetto di fortezza, secondo quanto scrive
il Fazello a metà del secolo XVI. |
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